Sommario:
La Cassa di Previdenza San Paolo è il Fondo Pensione complementare dei pensionati e dipendenti dell’ex Istituto San Paolo che erano stati assunti prima del 31/12/90.
Prima della privatizzazione delle Banche attuata nel 1990 con la Riforma Amato, questa Cassa costituiva un Fondo pensione esonerativo.
Di recente, con Accordo Sindacale del 5 dicembre 2017, la Banca ed i sindacati (le c.d Fonti Istitutive), hanno concordato la fusione di questo pensione con il Fondo Pensione del Banco di Napoli.
Nel contesto della manovra complessiva, si è offerto ad ogni iscritto la possibilità di “zainettare” la sua posizione individuale, con risoluzione di ogni rapporto con la Cassa.
L’ offerta è stata fatta con il modulo che qui si allega (relativo ad un pensionato).
Ovviamente ognuno degli interessati valuterà individualmente la scelta più opportuna per lui e la sua famiglia. Nessuno si permette di sostituirsi agli interessati in questa scelta così delicata.
Noi possiamo però dare degli elementi che possono aiutare in questa valutazione, e su questi abbiamo scritto alcuni articoli nel nostro sito:
- Come si calcola l’ importo dello zainetto ?
- Il calcolo dello zainetto della Cassa San Paolo
- Come si calcola la tassazione dello zainetto ?
Vi sono quindi vari ordini di questioni:
- Se sia legittima questa fusione dei due Fondi
- Quali conseguenze concrete abbia la fusione per gli iscritti ex San Paolo
- Come è stato calcolato lo zainetto offerto a tutti gli iscritti ex San Paolo
- Quali conseguenze concrete implica l’ eventuale accettazione dello zainetto.
1. La illegittimità della fusione di due Fondi
La Cassa di Previdenza San Paolo costituiva fino al 1990 un Fondo pensione esonerativo (clicca qui).
Gli Enti Pubblici creditizi (fra cui il San Paolo) vennero privatizzati dalla c.d. Riforma Amato, ovvero la legge 218/90 ed il Decr. Leg.vo 357/90.
Dopo la privatizzazione questi Fondi vennero trasformati in fondi integrativi per volontà diretta della legge, e non per accordo sindacale. Su questo si veda l’ apposita nostra pagina (clicca qui).
Anche in origine questi Fondi non sono affatto sorti per effetto di un accordo sindacale, ma al contrario furono istituiti con un Decreto del Presidente della Repubblica, che nel caso della Cassa del San Paolo fu precisamente il DPR 18 agosto 1962 n. 1434. Questo risulta ancora oggi dalla stesso art. 1 dello Statuto.
Cosa significa questo ?
Significa che i Sindacati non possono affatto essere considerati come le c.d. Fonti Istitutive della Cassa, e quindi non possono certo esercitare quei poteri da loro invocati, ammesso che davvero esistano in linea generale questi asseriti poteri, perlomeno nella misura che essi pretendono: vedi la nostra analisi giuridica “Le Fonti Istitutive ed i loro poteri nella previdenza complementare” (clicca qui).
La fusione di due Fondi Pensione, quindi, non può essere affatto disposta con un accordo sindacale, ma solo con l’ apposita procedura prevista dalla legge e dalla normativa della Covip (clicca qui).
Questa “fusione” della Cassa di Previdenza San Paolo con il Fondo Banco di Napoli deve quindi considerarsi illegittima.
In questa consiste questa procedura ?
Ciascun Fondo deve deliberare in piena autonomia questa fusione, tramite i propri organi statutari: il Consiglio di Amministrazione o addirittura il referendum, se previsto dallo Statuto (ma non lo è nel caso del San Paolo).
Ciascun Fondo è tenuto prima a deliberare un proprio progetto di fusione e a depositarlo presso la Covip, con diritto ad esaminare quello dell’ altro Fondo, insieme ai suoi Bilanci.
Cos’ è stabilito dalla Covip nella Delibera del 15 luglio 2010, all’ art. 33.
Nulla di tutto questo è avvenuto, nel nostro caso. Qui tutto è stato deciso dalla Banca e dai Sindacati, che non avevano questo potere.
Dobbiamo ricordare che invece nello stesso Gruppo Intesa Sanpaolo, in occasione della fusione dei Fondi nel Fondo a contribuzione definita, la procedura richiesta dalla Covip è stata doverosamente osservata dalla stessa Banca (clicca qui).
Dobbiamo ancora ricordare che il Gruppo Intesa ha già perso la causa a Milano (contro i pensionati difesi dal nostro Studio) nel caso del Fondo Sanitario Intesa (per leggere la sentenza, clicca qui).
Che questa operazione non possa costituire una valida “fusione dei fondi” sembrano essere consapevoli anche le c.d. “Fonti Istituitive” (Intesa Sanpaolo ed i sindacati).
Infatti nell’ Accordo Sindacale del 5 dicembre 2017 si evita accuratamente di usare la parola “fusione” (troppo compromettente) e si parla prudentemente di “integrazione della Cassa di Previdenza nel Fondo Banco”.
Non si tratterebbe quindi di una “fusione” di due fondi, ma di una “integrazione”. Per il Fondo Sanitario, allo stesso modo, pur di non parlare di “fusione”, scrissero che si trattava di una “confluenza”, ma neppure questo accorgimento portò loro molta fortuna davanti ai Giudici di Milano.
Già nel 2015 il nostro Studio prese posizione a tutela dei pensionati contro il Gruppo Intesa Sanpaolo, notificando un’articolata diffida alla Banca per la Cassa di Risparmio di Firenze (clicca qui).
Nel 2015 quindi il Progetto di Banca Intesa di procedere alla fusione anche per i Fondi esonerativi finì per arenarsi, e venne ripreso solo ultimamente con l’Accordo Sindacale del 5 dicembre 2017.
Aggiungiamo infine che l’Accordo Sindacale del 5 dicembre 2017 è stato poi seguito da un Rogito notarile stipulato in data 20 dicembre 2018 stipulato fra la Cassa di Previdenza San Paolo ed il Fondo Pensione a Prestazione Definita del Gruppo Intesa Sanpaolo e denominato “Atto di trasferimento mediante concentrazione ai sensi dell’Accordo del 5 dicembre 2017”.
2. Le conseguenze concrete per gli iscritti
La posizione attuale degli iscritti alla Cassa (prima del trasferimento), è la seguente:
- Sono titolari di una posizione pensionistica ex esonerativa, con diritto al precedente trattamento di miglior favore mantenuto fermo dalla Riforma Amato nell’art. 4 del Decr. Leg.vo 357/90;
- Vi è la garanzia solidale della Banca per le obbligazioni pensionistiche. Questo implica non solo che le pensioni integrative verranno sicuramente pagate, ma anche che mai potrà esservi una situazione di squilibrio tecnico del Fondo (salva l’ ipotesi di dissesto anche della Banca), e quindi mai potrebbero scattare i poteri delle Fonti Istitutive di ridurre la pensione in caso di insufficenza dei mezzi patrimoniali.
- Le “disponibilità patrimoniali” della Cassa sono vincolate dall’art. 5 del Decr. Leg.vo 357/90, e non possono esssere distratte dalla loro destinazione, malgrado la solidarietà della Banca. E’ da ritenere che la nozione di “disponibilità patrimoniali” prevista dalla legge sia più ampia della semplice nozione di “patrimonio” della Cassa, e che includa quindi anche la quota accantonata in bilancio da Banca Intesa (circa 800 milioni di Euro secondo lo stesso Accordo Sindacale del 5 dicembre 2017)
- Lo Statuto della Cassa prevede all’ art. 42 che “A far tempo dall’anno 1996 è facoltà della “Cassa” di far luogo, a cadenza quadriennale, a riliquidazioni dei trattamenti pensionistici, in presenza di positivi presupposti economici ed attuariali”. Si tratta di una conseguenza del vincolo di destinazione delle “disponibilità patrimoniali”: se la Cassa avesse più denaro del necessario, questo spetterebbero agli iscritti alla Cassa (gli assunti ante 1990), che quindi sono titolari – se non proprio di un diritto soggettivo a questa ripartizione – quantomeno di una “legittima aspettativa” .
Qualunque distrazione del patrimonio sarebbe quindi illegittima, e non si potrebbe destinare questo patrimonio ad altri scopi.
Per dirla chiaramente: non sarebbe legittimo devolvere il patrimonio “eccedente” alla Banca o ad altri Fondi Pensione (magari a quelli dei lavoratori in servizio assunti post 1990, che non sono iscritti alla Cassa), almeno fino a quando esisteranno ancora degli iscritti alla Cassa assunti ante 1990, o i loro superstiti.
Premesso questo, vediamo la situazione degli iscritti con la zainettizzazione o – in alternativa – con il passaggio al Fondo del Banco di Napoli.
Per chi ha accettato lo zainetto:
Chi ha zainettato chiude ogni rapporto con la Cassa. La Cassa non erogherà neppure la pensione di reversibilità ai suoi superstiti (coniuge, oppure figli minori o disabili).
Non avrebbe diritto ad eventuali plusvalenze, salvo clausole speciali (su questo si veda l’ annosa e bruttissima vicenda del Fondo Pensioni della Banca Commerciale Italiana).
Sul punto l’ Accordo sindacale così si esprime: “L’accettazione dell’offerta comporta il superamento di ogni rapporto previdenziale complementare con la Cassa stessa e lo scioglimento di ogni obbligo di prestazione da parte della Cassa di Previdenza e/o di Intesa Sanpaolo e/o di ogni eventuale coobbligato, con il definitivo superamento di ogni garanzia e fidejussione ad esso collegate”.
E’ meno chiaro se si possa chiedere il ricalcolo aritmetico dello zainetto per eventuali errori di fatto, o per fatti sopravvenuti.
Su questo si veda l’ apposito articolo (clicca qui).
Per chi NON ha accettato lo zainetto:
Chi non eserciterà alcuna opzione, si troverà automaticamente trasferito al Fondo Pensioni del Banco di Napoli, che a suo volta dovrebbe mutare denominazione quale futuro Fondo di Gruppo, e trasferire la sua sede legale a Torino.
In termini generali però la legge vieta il “trasferimento coattivo” degli iscritti ad un altro Fondo Pensioni, poichè la previdenza complementare si fonda sul principio della liberta di adesione. In questo senso il Gruppo Intesa ha già perso le cause (patrocinate dal nostro Studio) a Milano e a Firenze.
Va aggiunto che vi sarebbero anche grossi problemi con la recente normativa sulla privacy, poichè i dati personali degli iscritti (anche sensibili) verrebbero trasferiti ad altri soggetti senza alcuna loro autorizzazione.
In ogni caso, stando all’ Accordo Sindacale del 5 dicembre 2017, gli iscritti dovrebbero mantenere (in linea di principio) sia la solidarietà della Banca e sia i loro “diritti”.
La solidarietà della Banca
La solidarietà è prevista non solo dall’attuale Statuto della Cassa, ma soprattutto e prima ancora dalla legge istituiva dei Fondi esonerativi (art. 15 della legge n. 55 del 1958), che non è quindi derogabile da un accordo sindacale. Quindi non sembrano esservi pericoli per il futuro pagamento delle pensioni.
La solidarietà della Banca vale in due direzione diverse:
– verso il Fondo Banco di Napoli, per ripanare eventuali disavanzi.
– verso gli iscritti direttamente ed a titolo individuale.
La solidarietà verso il Fondo Banco di Napoli
Questa solidarietà è così prevista nell’ Accordo: “Detta confluenza determina il sorgere della garanzia solidale di ISP e dei suoi futuri aventi causa nei confronti del Fondo Banco, avuto riguardo alla sussistenza nel tempo dell’equilibrio tecnico del Fondo stesso, per quanto concerne la popolazione di cui trattasi. Tale garanzia permane fino all’esaurimento degli aventi diritto”.
In sostanza la Banca ripianerà periodicamente il disavanzo del Fondo Banco di Napoli. E’ quello che peraltro già oggi avviene per le altre Banche già confluite in quel Fondo (si veda il Bilancio 2017, a pag. 19).
La solidarietà verso gli iscritti
Va evidenziato che, secondo l’ Accordo, questa solidarietà pare che valga non solo verso il Fondo Banco di Napoli, ma direttamente anche verso i singoli iscritti. Questa soluzione (doverosa) va segnalata con soddisfazione, perchè invece l’ Unicredit si è comportata diversamente nella sua fusione dei Fondi di Gruppo dello scorso anno, in cui è stata abolita (illegittimamente) la precedente solidarietà verso gli iscritti. Su questo aspetto il nostro il nostro Studio sta già curando le azioni a tutela di quei pensionati.
Ma qual è il contenuto di questa solidarietà della Banca verso gli iscritti ?
Ci si chiede se la Banca garantirà in futuro gli attuali diritti degli iscritti, o se questi diritti potrebbero essere modificati una volta avvenuto il trasferimento al Fondo Banco di Napoli ?
Questa è la domanda fondamentale.
A prima vista la risposta sembrerebbe semplice. L’ accordo sindacale sul punto così recita:
“è comune volontà delle Fonti Istitutive salvaguardare nella loro totalità i diritti degli iscritti, nel pieno rispetto della normativa di legge e dello Statuto della Cassa di Previdenza vigente, nonché dei diritti individuali in essere. […].
“Con effetto dal 1° gennaio 2019 la dotazione patrimoniale riferita agli iscritti che non abbiano accettato l’offerta formulata ai sensi del precedente capitolo 3. – calcolata sulla base del bilancio tecnico attuariale che sarà redatto al 31 dicembre 2018 – sarà trasferita al Fondo Banco che garantirà la piena continuità delle prestazioni agli aventi diritto secondo la normativa di legge e dello Statuto vigente della Cassa di Previdenza a tal fine depositato agli atti del Fondo Banco medesimo”.
Vorremmo naturalmente che tutto andasse liscio, e che in futuro non sorgessero problemi.
Ma che cosa avverebbe se il Fondo Banco Napoli volesse introdurre in futuro (magari a breve) delle modifiche alle sue pensioni ?
Queste modifiche varrebbero per tutti i suoi iscritti (compresi gli ex San Paolo), oppure vi sarebbe un’eccezione per costoro ?
La problematica è aggravata dal fatto che nel Fondo Banco di Napoli, secondo lo Statuto (art. 12), le modifiche possono essere introdotte con un semplice accordo sindacale, senza neppure la delibera del Consiglio di Amministrazione, che deve limitarsi solo a prenderne atto e ad avviare le formalità relative, poiche “dà formale approvazione alle modificazioni dello Statuto disposte dalle fonti istitutive, attivando l’inerente procedura autorizzativa”.
Neppure esiste il referendum fra gli iscritti.
Allora la vera domanda è questa: i diritti degli iscritti ex San Paolo, dopo il passaggio al Fondo Banco di Napoli, sono “blindati” o invece sono modificabili subito dopo da un accordo sindacale ?
Rileggiamo la formula usata dall’ accordo sindacale: i “diritti individuali in essere“.
Molto bene…..
Senonchè il diritto alla futura perequazione della pensione negli anni futuri è un diritto oggi “in essere” ?
E il diritto alla futura pensione di reversibilità del coniuge è un diritto oggi “in essere” ? Sulla pensione di reversibilità i due Fondi (San Paolo e Banco di Napoli) oggi non hanno neppure la stessa prassi applicativa: il San Paolo paga anche la quota del 60% non pagata dall’ INPS, mentre non lo fa il Banco di Napoli).
Il problema è quindi molto serio.
Ci auguriamo che alla prova dei fatti si applichi l’interpretazione più conforme alla legge, ma non possiamo non manifestare quantomeno preoccupazione per il fatto che con il passaggio al Fondo Banco di Napoli si rischi di perdere la garanzia di legge spettante ai fondi ex esonerativi, per ricadere in un comune Fondo Pensione, trasformato in Fondo di Gruppo.
Ma come è stato calcolato lo zainetto degli iscritti ex San Paolo ?
Su questa ulteriore e complessa problematica abbiamo pubblicato un separato articolo: Il calcolo dello zainetto della Cassa San Paolo (clicca qui)